MICROSCOPIA CONFOCALE LASER A SCANSIONE. IL PROCEDIMENTO DEL BREVETTO ENEA RM2012A000637 RISULTERA' PARTICOLARMENTE UTILE CON QUESTA TECNOLOGIA / CONFOCAL LASER SCANNING MICROSCOPY. THE PROCEEDINGS OF THE PATENT ENEA RM2012A000637 WILL RESULT PARTICULARLY USEFUL WITH THIS TECHNOLOGY.

MICROSCOPIA CONFOCALE laser a scansione. iL PROCEDIMENTO DEL BREVETTO ENEA RM2012A000637 RISULTERA' PARTICOLARMENTE UTILE CON QUESTA TECNOLOGIA / CONFOCAL LASER SCANNING MICROSCOPY. THE PROCEEDINGS OF THE PATENT ENEA RM2012A000637 WILL RESULT PARTICULARLY USEFUL WITH THIS TECHNOLOGY.

Segnalato dal dott. Giuseppe cotellessa / REPORTED BY DR. Cotellessa GIUSEPPE



Il microscopio a scansione confocale, proposto nel 1957 da Marvin Minsky, che lo chiamò microscopio a scansione a doppia focalizzazione, risponde alla necessità di eliminare il disturbo provocato dalla radiazione luminosa diffusa e riflessa da piani del campione che sono fuori fuoco. In effetti, la condizione ideale per ottenere una rappresentazione di un singolo piano di un campione sarebbe quella di raccogliere solamente le radiazioni luminose riflesse da quel particolare piano. Nella microscopia ottica classica, invece, è illuminato l'intero campione; anche la materia posta al di sopra o al di sotto del piano focale, pertanto, riflette radiazioni luminose, causando un grave disturbo che si manifesta come nebulosità dell'immagine. Nel microscopio confocale, la soluzione del problema si ottiene illuminando un solo punto per volta di uno specifico piano focale e acquisendo, in ciascun momento, solamente l'immagine del punto illuminato. In pratica, nel microscopio confocale la luce proveniente dalla sorgente passa attraverso un forellino posto sull'asse del microscopio ed è focalizzata in un punto del campione da una lente, che funge da condensatore. Il campo di osservazione è limitato da un secondo forellino, confocale al primo e al punto del campione su cui è focalizzata la luce. In questo modo si ottiene un'immagine molto nitida e relativa soltanto a una regione molto piccola e sottile del campione. La rappresentazione di un intero piano è effettuata mediante la scansione del campione: punti successivi dello stesso piano focale sono illuminati progressivamente, spostando il campione stesso oppure, servendosi di specchi rotanti, il fascio luminoso. Per rendere più veloce la scansione è possibile utilizzare fasci luminosi multipli. Alcuni microscopi sono dotati di un disco con centinaia di forellini attraverso i quali è inviata e raccolta la luce: il disco ruota opportunamente per garantire la scansione dell'intero piano focale. Altri microscopi, per ridurre il tempo di scansione, ricorrono ad aperture a forma di fenditura. È ovviamente possibile ripetere la stessa operazione su altri piani focali, acquisendo progressivamente informazioni sull'intero campione in tutto il suo spessore. Questo principio può essere applicato, oltre che con luce trasmessa, anche per l'epi-illuminazione, come nel caso della fluorescenza.
La necessità di un'illuminazione intensa e puntiforme ha portato all'impiego del laser, sorgente luminosa monocromatica e collimata. È possibile utilizzare diversi laser a differenti lunghezze d'onda, che permettono di analizzare campioni colorati con più fluorocromi. Questa applicazione è particolarmente importante nel campo della immunofluorescenza, un settore in cui la microscopia confocale è risultata particolarmente vantaggiosa. Per quanto le tecniche di scansione siano oggi talmente rapide da rendere possibile l'osservazione di piani completi in tempo reale, normalmente l'immagine acquisita è memorizzata in un calcolatore e può essere rielaborata successivamente. La scansione di un singolo piano produce in pratica una sezione ottica costituita da tanti pixel, che può essere considerata analoga a una vera e propria fetta sottile del campione originale. Dal momento che sono analizzati più piani e che il calcolatore memorizza non soltanto la luminosità di ciascun punto, ma anche la sua localizzazione spaziale nel campione, ogni punto immagine, detto voxel, rappresenta l'equivalente del pixel di un'immagine a due dimensioni; esso è definito da tre coordinate, due (x e y) nel piano e una terza (z) perpendicolare al piano. Grazie a opportuni programmi è possibile manipolare con facilità i voxel, fino a pervenire a una ricostruzione tridimensionale delle immagini secondo differenti assi, per osservarle dalla prospettiva più favorevole. È anche possibile ottenere nuove sezioni ottiche: verticali, trasversali od oblique.
La prima generazione di microscopi confocali utilizzava un solo fotone. È stato successivamente proposto un microscopio multifotone, che eccita le molecole fluorescenti mediante un laser pulsante ultrarapido. Il microscopio multifotone, a due o più fotoni, si basa sul principio per cui una determinata molecola fluorescente, che normalmente sarebbe eccitata per assorbimento di un singolo fotone di una determinata lunghezza d'onda, può anche essere eccitata dall'energia derivante dall'assorbimento simultaneo di due o più fotoni di energia inferiore. La fluorescenza è proporzionale al quadrato dell'intensità di eccitazione e conferisce al microscopio a scansione laser multifotone (TPEF, Two-photon excited fluorescence microscopy) una buona risoluzione tridimensionale e quindi un vantaggio nell'analisi di campioni spessi. Tale microscopio è utile, inoltre, per lo studio di cellule in vivo, poiché è ridotto il danno che l'illuminazione provoca nel campione.

Oltre al perfezionamento delle apparecchiature, le applicazioni della microscopia confocale sono diventate sempre più numerose anche grazie alla scoperta di molecole fluorescenti, come la proteina GFP (Green fluorescent protein), che consentono lo studio di processi biologici in vivo. La GFP è una proteina che è stata isolata da una medusa oceanica e che emette naturalmente un segnale fluorescente. Se si costruiscono proteine chimeriche, in cui una qualsiasi proteina X è fusa con la GFP, è possibile monitorare il comportamento della proteina X. Sono state inoltre ottenute varianti della proteina GFP che emettono segnali fluorescenti di differente lunghezza d'onda e quindi di diverso colore. Tra le tecniche di fluorescenza in cui trova impiego il microscopio confocale ricordiamo: la FRET (Fluorescence resonance energy transfer), in cui la distanza di interazione tra due molecole è valutata grazie allo scambio di energia tra due fluorocromi diversi, ognuno legato a una delle due molecole e al conseguente cambiamento della lunghezza d'onda di emissione del fluorocromo accettore; la FRAP (Fluorescence recovery after photobleaching), in cui è analizzata la motilità di una molecola, che è localizzata, per esempio, su una membrana cellulare e a cui è legato un fluorocromo, dopo che è avvenuta l'irradiazione di una regione puntiforme con un potente raggio laser che annulla transitoriamente l'emissione di fluorescenza; la FLAP (Fluorescence localization after photobleaching), che serve a monitorare il movimento di una molecola a cui sono legati due fluorocromi, uno dei quali è irradiato da luce laser puntiforme che ne annulla l'emissione e l'altro è utilizzato per seguire il movimento delle molecole irradiate. Varianti delle tecniche descritte sono la FLIP (Fluorescence loss in photobleaching), la FLIM (Fluorescence lifetime imaging), la BRET (Bio-luminescence resonance energy transfer) e altre ancora.
La microscopia confocale è una tecnica ottica utilizzata per l’imaging di strutture biologiche isolate o in situ, con notevole miglioramento del contrasto e della risoluzione spaziale rispetto alle tecniche di microscopia ottica classica. La microscopia confocale ha caratteristiche tali da essere particolarmente adatta allo studio di strutture tridimensionali, poiché il suo principio di funzionamento permette di eliminare il contributo della luce fuori-fuoco, ottenendo quindi immagini molto più nitide e ricche di particolari. La tecnica confocale prevede che il campione sia marcato con fluorofori specifici per la/le strutture che si vogliono rivelare; per questo essa può definirsi una tipologia di microscopia a fluorescenza.
Rispetto ad un normale microscopio ottico c’è un guadagno nell’informazione dovuto a tre fattori:
1) eliminazione del “disturbo” (blur) creato dalla luce proveniente dai piani del campione che si trovano fuori-fuoco. Questo migliora la risoluzione spaziale ed il contrasto dell’immagine, permettendo l’identificazione di particolari altrimenti invisibili. E’ quindi possibile variare il piano di fuoco ed ottenere molteplici piani di immagine che, una volta ricomposti, vanno a formare un’immagine 3D del campione stesso.
2) il campione viene illuminato da luce laser punto per punto; la fluorescenza emessa viene di conseguenza rivelata punto per punto. Questo ha due conseguenze: (i) ottimizzando la rivelazione del segnale, che proviene solo dal punto di interesse, si ha un miglioramento della risoluzione spaziale rispetto a tecniche non confocali; (ii) si evita un’inutile esposizione del campione ad un’eccessiva dose luminosa, contribuendo alla minimizzazione di fenomeni quali ad esempio il photo-bleaching o “sbiancamento ottico” del fluoroforo.
3) è possibile analizzare lo spettro della fluorescenza emessa dal singolo punto del campione. Questo è particolarmente utile nel caso di marcature multiple (es. DAPI per nucleo cellulare e FITC per citoscheletro), poiché consente un migliore imaging e identificazione delle strutture marcate. Questa caratteristica permette di effettuare il cosiddetto “hyperspectral imaging”.
ENGLISH
The confocal scanning microscope, proposed in 1957 by Marvin Minsky, who called scanning microscope dual focus, responds to the need to eliminate the noise caused by the diffuse light radiation and reflected by the sample plans that are out of focus. In fact, the ideal condition to obtain a representation of a single floor of a sample would be to only collect the light radiation reflected from that particular plane. In classical light microscopy, however, it is illuminated the whole sample; also the material placed above or below the focal plane, therefore, reflects light radiation, causing a serious disorder that manifests as haziness of the image. In the confocal microscope, the solution of the problem is obtained by illuminating a single point at a time of a specific focal plane and acquiring, at each moment, only the image of the illuminated point. In practice, in the confocal microscope the light from the source passes through a hole in the axis of the microscope and is focused at a point of the sample by a lens, which acts as a condenser. The observation field is limited by a second hole, the first and confocal point of the sample on which the light is focused. In this way you get a very sharp image and relative only to a very small region of the sample and subtle. The representation of an entire floor is done by scanning the sample paragraphs of the same focal plane are gradually lit, moving the sample itself or, using rotating mirrors, the light beam. To make scanning you can use multiple light beams faster. Some microscopes are equipped with a disk with hundreds of small holes through which it is sent and collected light: the wheel disc suitably to ensure scanning of the whole focal plane. Other microscopes, to reduce the scan time, resort to the slit-shaped openings. You can of course repeat the same operation on other focal planes, gradually acquiring information on the entire sample in all its thickness. This principle can be applied, as well as with transmitted light, even for the epi-illumination, as in the case of fluorescence.

The need for intense and punctiform illumination has led to the use of the laser, monochromatic light source and collimated. You can use different lasers at different wavelengths, which allow to analyze more samples stained with fluorochromes. This application is particularly important in the field of immunofluorescence, an area in which the confocal microscopy has proved particularly advantageous. As the scanning techniques are now so rapid as to make possible the observation of complete plans in real time, normally the scanned image is stored in a computer and can be subsequently reworked. The scanning of a single plane in practice produces an optical section consists of many pixels, which can be considered analogous to a true thin slice of the original sample. Since most plans are analyzed and that the computer stores not only the brightness of each point, but also its spatial location in the sample, each image point, said voxel, is the equivalent of the pixels of an image in two dimensions; it is defined by three coordinates, two (x and y) in the plane and a third (z) perpendicular to the plane. Thanks to special programs, you can easily manipulate the voxel, up to achieve a three-dimensional image reconstruction according to different axes, to observe them from the more favorable outlook. You can also get new optical sections: vertical, horizontal or oblique.

The first generation of confocal microscopes used a single photon. a multiphoton microscope, which excites the fluorescent molecules It was subsequently proposed by an ultrafast laser button. The multiphoton microscope, to two or more photons, is based on the principle that a given fluorescent molecule, which normally would be excited by absorption of a single photon of a certain wavelength, can also be excited by energy derived by absorption the simultaneous use of two or more photons of lower energy. The fluorescence intensity is proportional to the square of excitement and gives the multiphoton laser scanning microscope (TPEF, Two-photon excited fluorescence microscopy) a good three-dimensional resolution and therefore an advantage in the analysis of thick samples. This microscope is also useful for the study of cells in vivo, since it reduced the damage that causes the light in the sample.

In addition to the improvement of equipment, applications of confocal microscopy have become more and more thanks to the discovery of fluorescent molecules, such as GFP (green fluorescent protein), which allow the study of biological processes in vivo. The GFP is a protein that has been isolated from an ocean jellyfish and which naturally emits a fluorescent signal. If you build chimeric proteins, in which any protein X is fused with GFP, it is possible to monitor the behavior of the protein X. GFP protein variants were also obtained which emit fluorescent signals of different wavelengths, and then in a different color . Among the fluorescence techniques in which is used the confocal microscope include: the FRET (Fluorescence resonance energy transfer), in which the distance of interaction between two molecules is evaluated thanks to the exchange of energy between two different fluorochromes, each linked to one of the two molecules and the consequent change of the emission wavelength of the fluorophore acceptor; FRAP (Fluorescence recovery after photobleaching), in which is analyzed the motility of a molecule, which is localized, for example, on a cell membrane and to which is bound a fluorochrome, which is occurred after the irradiation of a point-like region with a powerful laser beam that cancels transiently the fluorescence emission; the FLAP (Fluorescence localization after photobleaching), which serves to monitor the movement of a molecule to which they are bonded fluorophores, one of which is irradiated from laser point light that cancels out the emission and the other is used to follow the movement of irradiated molecules. Variants of the techniques described are the FLIP (Fluorescence loss in photobleaching), the FLIM (fluorescence lifetime imaging), the BRET (Bio-luminescence resonance energy transfer) and others.

The confocal microscopy is an optical technique used for imaging of biological structures isolated or in situ, with significant improvement of the contrast and spatial resolution compared to classical optical microscopy techniques. Confocal microscopy has characteristics such as to be particularly suited to the study of three-dimensional structures, as its operating principle eliminates the contribution of off-focus light, getting so much sharper images and rich in detail. The confocal technique is that the sample is labeled with specific fluorophores for / facilities that you want to reveal; for this reason it can be defined as a type of fluorescence microscopy.
Compared to a normal optical microscope there is a gain in information due to three factors:

1) elimination of the "disorder" (blur) created by the light from the sample plans that are out of focus. This improves the spatial resolution and the contrast of the image, allowing the identification of particular otherwise invisible. E 'can then vary the plane of focus and obtain multiple image planes that, once reassembled, go to form a 3D image of the sample itself.

2) the sample is illuminated by laser light point by point; the fluorescence emitted is therefore proved point by point. This has two consequences: (i) optimizing the detection of the signal, which comes only from the point of interest, there is an improvement of the spatial resolution compared with non-confocal techniques; (Ii) it avoids unnecessary exposure of the sample to excessive light dose, contributing to the minimization of phenomena such as the photo-bleaching or "optical whitening" of the fluorophore.

3) you can analyze the spectrum of fluorescence emitted from the single point of the sample. This is particularly useful in the case of multiple markings (eg. DAPI for cell nucleus and cytoskeleton for FITC), since it allows a better imaging and identification of labeled structures. This feature allows you to make the so-called "hyperspectral imaging"

Da:
http://www.treccani.it/enciclopedia/microscopia_(Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica)/
http://www.consorziogrint.it/laboratorio-nanott/attrezzature/microscopio-confocale-nikon-a1-eclipse-ti-e/

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